Oggi ho finito il mio tirocinio. ( *squilli di trombe, rullo
di tamburi, mazzate al gong*)
Ho finito il mio anno di lavoro non retribuito, le mie 1000 ore obbligatorie
per poter fare l’Esame di Stato, i miei 365 giorni precisi in cui, anche con
gli scazzi e i rodimenti, ho lavorato dando il mio massimo.
Dovrei fare una cosa tipo tirare le somme, capire chi sono e come sono arrivata
fino a qui, cosa ho imparato in questo anno passato ma l’unica cosa che mi
viene in mente è SONO LIBERA. La sensazione di potermi costruire le mie
giornate esattamente come voglio e decido io, mi mancava da morire. La libertà
di poter lavorare anche 12 ore al giorno ma essendo pagata, avendo riconosciuto
il mio lavoro. Che poi, una volta finito qui, prima di potermi iscrivere
all’albo (Febbraio, se tutto va bene), farò la babysitter e la tutor, quello è
un altro conto.
Cosa ho imparato in questi 365 giorni?
1. Le ASL fanno schifo. Non lavorerò mai nel pubblico (anche
perché non è possibile entrarci) perché quello che ho visto dentro questi
reparti mi ha fatto venire voglia di denunciarli tutti. Poi, quando si tratta
di bambini, non si può prescindere da certe cose. I bambini chiusi in bagno al
buio, le urla e gli insulti “Ma sei scemo!” a bambini con evidenti deficit
cognitivi, gente che fa lavori che non sono suoi e che non potrebbe fare perché
non ne ha le competenze (in fin dei conti un fisioterapista che fa diagnosi
psicologiche è normale. Tutto ok.). Persone che dovrebbero lavorare 5 mattine su
7 ma si prendono 3 giorni di malattia a settimana. Reparti completamente vuoti
lasciati, per delle giornate intere, nelle mani di tirocinanti. Insomma, il
vomito. Lo schifo. Appena ho potuto sono scappata e ho cambiato struttura.
Forse è andata leggermente meglio ma la gente che non lavora c’è comunque, la
gente che ti tratta come fossi un lurido tappetino da bidet la trovi sempre.
Quindi, no al pubblico, addio Asl. A mai più rivederci.
2. Bisogna sempre fidarsi del proprio istinto in fatto di
persone ma non bisogna mai e dico MAI avere paura di rivalutarle. Io in questi
lunghi 365 giorni mi sono resa conto di essere una tonta. Troppo buona, troppo
fessa, sono tutti bravi, tutti belli MA DE CHE! Quelli che avevo considerato
persone carine, possibili amici, si sono rivelate delle cacche di dimensioni
bibliche, come quelle che fa il mio cane (un pastore abruzzese). Quelle che,
invece, avevano una nomina pessima, si sono rivelate le migliori. Tutto questo
per dire che il mio istinto fa acqua da tutte le parti, però a me piace dare
una possibilità a tutti anche se poi, quella possibilità, non se la sono
effettivamente meritata.
In ordine ho incontrato:
- 34enne che si sente un 20enne, che vive in casa con
studenti che hanno veramente 20 anni, a spese dei genitori, che non sapeva
se iniziare a fare delle ripetizioni per
il semplice fatto “Mah, non so. E’ che non ho mai lavorato in vita mia e non so
se questo è il momento giusto per iniziare!”, viscido, provolone come non si è
mai visto, falso e che mi ha lasciato al freddo e al gelo in una sera di
febbraio perché la macchina non mi ripartiva più (perché non gli smollavo
quello che lui voleva. Ma manco morta e con la vagina di un’altra). Ah si, lui
fidanzato.
- Dottoressa Psicologa, stronza, fredda come Elsa quando si
rinchiude del castello di ghiaccio, che non faceva un sorriso ai bambini
neanche sotto tortura, a capo del reparto di Neuropsichiatria Infantile. Quando
le ho detto che volevo andare via dal suo reparto per provare a lavorare con
gli adulti, dato che non lo avevo mai fatto, lei mi risponde che sto facendo
una cazzata perché da loro c’era più bisogno, che poi sarebbero rimasti senza
personale. Che se tornassi indietro nel tempo, le direi che me ne sarei andata
perché lei è una grandissima testa di melone ma va beh…
- Fisioterapista con evidenti problemi comportamentali, non
adatto al contatto con bambini (ho visto una cosa che non voglio dire, che mi
sogno ancora la notte), assolutamente inadatto alla gestione di bambini con
deficit, ignorante come una capra e che faceva il lavoro dello psicologo
infantile (IO).
- Logopedista che mentre svolgeva le prove di lettura e
calcolo con i bambini, navigava su facebook con il cellulare. Mentre i bambini
cercavano di fare dei calcoli ovviamente difficili per loro, lei rideva e
starnazzava con l’infermiera e poi se ne usciva con “Certo che questo ragazzino
è proprio lento, non ci sta capendo un cazzo”. Ma va? Dici? Sarà che gli stai
parlando sopra da 20 minuti?
- Tirocinanti gelose. Io, che lavoravo 4 pomeriggi la settimana
più il sabato mattina, avevo dato la disponibilità anche per l’unico pomeriggio
della settimana che mi era rimasto libero (loro no), io
quindi facevo più ore
di loro, io sono arrivata alle 500 ore semestrali prima di loro e hanno
rosicato come il mio Coccolo quando non mangia le carotine per mezza giornata
e, poi, finalmente, glie le dai. Coccolo è il mio coniglio, lui se rosica è
giustificato.
Però quello che ho imparato di più e che mi rimarrà dentro è
l’affetto che ti donano i bambini quando, dopo l’iniziale paura della
dottoressa, si aprono e ti sorridono. Porterò sempre con me, e lo metterò nel
mio futuro studio se mai ne avrò uno, il pupazzetto pinguino che una bimba mi
ha regalato alla fine dei nostri 5 incontri dicendomi che “Io prima avevo paura
di venire qui, non volevo venire all’ospedale. Ma poi ho conosciuto te e adesso
non voglio andare via, voglio continuare a venire da te, dottoressa”. Ricorderò
per sempre quell’uomo che ogni mattina veniva a prendere la terapia per
l’eccessivo consumo di alcol ma che, ogni santa mattina, mi sorrideva e mi
augurava una buona giornata. Avrò sempre dentro di me una conversazione fatta
con un ragazzo della mia età, borderline, consumatore di cocaina e THC: “Ma tu
non sei in cura qui vero?”, “No, io sono una tirocinante psicologa, per i
prossimi 6 mesi lavorerò qui”, “Beh, si capiva che non eri una strana come me,
si vede benissimo”, “Perché tu sei strano? Se vuoi possiamo farci una
chiacchierata e ti mostro quanto strana posso essere anche io”, “Beh io vengo
qui, dalla psicologa, sono veramente uno strano”, “Tu venendo qui cerchi solo
di migliorarti, di conoscerti meglio. Non è una cosa da strani anzi è una cosa
che poche persone riescono a fare”, mi ha sorriso e da quel giorno siamo
diventati amici.
Quindi, tutto ciò che ho imparato in questi mesi, non me
l’hanno dato i libri, non me l’hanno dato i test, non me l’hanno dato i miei
tutor ma me l’hanno dato semplicemente le persone che ho incontrato, che ho
visto e con cui ho condiviso pezzi della mia e della loro vita. E’ scontato, è
banale ma in realtà non lo è perché provare a sentire quello che sentono gli
altri è un esercizio difficile e io credo di esserci riuscita ed essermi
guadagnata tutti quei sorrisi. Se solo potessi scrivere questo, sulla mia relazione
finale di tirocinio, dimostrerei effettivamente tutto quello che ho imparato.
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